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Te, Palazzo.

Palazzo di Mantova. Costruito e decorato tra il 1525 e il 1535 da Giulio Romano che, per volere di Federico II di Mantova, trasformò le preesistenti scuderie in una sontuosa villa, il palazzo prende il nome dalla località (Teieto o isola del Te) in cui sorse, circondato fino al XVIII sec. da laghi e dal canale che costeggia le mura meridionali di Mantova. Secondo quanto scrisse Giorgio Vasari, la villa aveva una funzione prevalentemente rappresentativa ed era adibita al tempo libero, alle feste, alle cerimonie e ai grandi ricevimenti. Esempio tra i più significativi e felici di Manierismo nell'Italia settentrionale, l'edificio è ispirato ai modelli classici (l'impianto planimetrico, con la successione atrio-cortile quadrangolare-loggia-giardino, rimanda allo schema della domus romana) e si sviluppa in larghezza attorno a una corte quadrata. Le facciate esterne e quelle del cortile risaltano grazie all'uso dell'ordine unico: semipilastri all'esterno, semicolonne all'interno si estendono per i due piani del palazzo e reggono la trabeazione dorica, con fregio a triglifi e metope. Eretta in perfetta armonia con il paesaggio circostante, la villa si apre, tramite una loggia solenne, su un vasto giardino, da cui la separano due peschiere percorse da un ponte. Il giardino è chiuso da un'esedra semicircolare della metà del XVII sec., a sinistra della quale è ubicato il Giardino Segreto, dove si trova una grotta costruita e decorata tra la fine del XVI e gli inizi del XVII sec. Gli interni, ornati da grandiosi affreschi e stucchi in cui prevale il repertorio figurativo classico, mettono in risalto le capacità creative di Giulio Romano e della sua scuola. Tra le stanze più suggestive ricordiamo: la Sala del Sole, sul cui soffitto è rappresentato l'avvicendarsi nel cielo degli astri maggiori; la Sala delle Imprese che mette in mostra gli emblemi della dinastia dei Gonzaga (tra cui la salamandra e il Monte Olimpo); la Sala dei Cavalli, l'ambiente più ampio della villa, un tempo destinato ai ricevimenti, dove campeggiano sei monumentali destrieri dipinti a grandezza naturale; la Sala di Amore e Psiche, un tempo usata per i banchetti, in cui viene illustrato il mito classico tra riferimenti dotti e allusioni prosastiche al gioco delle feste e degli amori; la Sala dei Venti, costellata di segni zodiacali; la Sala di Fetonte o delle aquile, forse la stanza da letto di Federico II; la Sala degli Stucchi, decorata con straordinari bassorilievi attribuiti al Primaticcio; la spettacolare Sala dei Giganti, dipinta da Giulio Romano e Rinaldo Mantovano, in cui la vittoria di Carlo V viene celebrata attraverso la metafora mitologica di Giove che sconfigge i Giganti. Nelle sale al piano superiore il palazzo ospita il Museo Civico suddiviso in varie sezioni: la ricca collezione egizia di Giuseppe Acerbi, la Donazione Mondadori con dipinti di pittori dell'Ottocento (tra cui Federico Zandomeneghi e Armando Spadini), la Donazione di Ugo Sissa, architetto e pittore mantovano che operò a Baghdad, dove raccolse numerosi reperti di arte mesopotamica, la sezione di monete, conii, stampe, pesi e misure dal Trecento al Settecento.